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Dopo la felicità rientra sempre l’amarezza. Ti attende là, sull’uscio e bussa sul legno.”Ti stavo aspettando”, mi disse. Il suo tono era secco e sprezzante. La guardai: il volto pallido suggeriva che non era stata una bella giornata. Era venuta per tormentarmi, ne ero già consapevole. Io mi ero armata di pazienza, al suo posto. “Più tiri la corda e più si spezza”, mi ribadì all’orecchio. Che frase del cazzo, pensai. La gente s’incazza per un ritardo, si incazza quando non sei in casa mentre invece, ci sei dentro più del dovuto. Mi spiego adesso, quella voglia di evadere che mi porto sempre dietro le spalle. Gridare un vaffanculo sarebbe troppo. Troppo scortese. Mi attengo alla buona educazione che i miei genitori mi hanno dato. Che loro stessi mi stanno togliendo piano piano, goccia a goccia. Se ne dissetano, se la gestiscono come gli pare, la pazienza. Ed io alla mia età non posso perdere tempo dietro certe fesserie. Se devo vivere, bene. Altrimenti mi tramuto in un eremita senza un cazzo da fare che per ogni cosa sta sull’attenti. Sarebbe semplice fregarsene ma alla fine sono queste cose che ti mandano di traverso una giornata che poteva finire in modo splendido. Ne rimani toltamente fulminato, non ti riprendi quasi per niente se non per il sonno che prima o poi arriverà e smorzerà i toni. Che s’affretti, io non ce la posso fare.